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Nov 14

Bacheca » Esercitazione 6/11

Trascrivere in IPA la frase:
Ho individuato in quell'uomo il referente per l'area della comunicazione
Fare la descrizione articolatoria delle parole sottolineate


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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Domande: quando si usano i croni?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Parliamo di: iperarticolazione vs ipoarticolazione

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Nov 14

studente Fabiola Di Sotto dice:

Per indicare la durata prolungata di un suono e quando l'accento di una parola cade sulla vocale. Giusto?

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Nov 14

studente Fabiola Di Sotto dice:

Per indicare la durata prolungata di un suono e quando l'accento di una parola cade sulla vocale. Giusto?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

IPERARTICOLAZIONE:
  • è un parlato TENDENZIALMENTE accurato e scandito
  • si attua in situazioni più formali
  • il parlante è maggiormente consapevole della propria produzione fonica
  • il messaggio è fonicamente ricco non si verificano generalmente, o in maniera molto limitata, fenomeni di riduzione e caduta legati alla velocità di
eloquio
  • il parlato è più faticoso per chi parla, più
  • agevole per chi ascolta
  • in base al contesto, il messaggio prodotto può risultare inadeguato, ridondante, affettato

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Fabiola, abbastanza bene: sillaba tonica e priva di coda.
Che si intende con coda vocalica facendo riferimento alla struttura della sillaba?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Se vi è chiaro che si intende per IPERARTCICALAZIONE, date la vostar definizione di IPOARTICOLAZIONE

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

IperartCICALAzione...

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Nov 14

studente Fabiola Di Sotto dice:

Possiamo definire l'ipoarticolazione una forma di parlato che si utilizza più spontaneamente, più vicino al modo comune di parlare del parlante e che si utilizza in situazioni comuni/quotidiane?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

In attesa delle vostre risposte, stiamo parlando di neutralizzazione delle opposizioni fonologiche. Siamopartiti dalla trascrizione di vénti (aria) e di vénti (numerale) e abbiamo identificato un derivato per ognuna delle due parola. Venticello per l'aria e ventina per il numerale. Che notate? Osservate le trascrizioni delle quattro parole...

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Saolini, pure a distanza???

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

In caso di ipoarticolazione, la riconoscibilità di un suono può essere difficile perfino in contesto). Insomma, non si percepisce un suono alla volta, ma una catena di complessi eventi coarticolatori, da cui si ricevono informazioni che in parte confermano l’identità dei suoni appena uditi e in parte anticipano l’identità dei suoni che stiamo per udire.

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Cos'è un'opposizone fonologica (già visto in una delle lezioni precedenti)? E che succede all'opposizione sussistente tra vènti e vénti? Quipurtroppo non possousare l'IPA, ma prima della fine della lezione troviamo il modo di farvi vedere le immagini

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

In caso di ipoarticolazione, la riconoscibilità di un suono può essere difficile perfino in contesto. Insomma, non si percepisce un suono alla volta, ma una catena di complessi eventi coarticolatori, da cui si ricevono informazioni che in parte confermano l’identità dei suoni appena uditi e in parte anticipano l’identità dei suoni che stiamo per udire.

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Esatto, GM Saolini: che rapporto c'è tra comunicazione individuale e parlato ipo/iperaticolato (stavolta l'ho scribbo bene ;) )?

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Nov 14

studente Matteo Piacentini dice:

L'Ipoarticolazione è un parlato dove l'articolazione è meno marcata e distinta, ciò significa che risulterà meno faticoso per chi parla ma al tempo stesso renderà complicata la comprensione di chi ascolta. Ovviamente il parlato sarà più veloce e adatto a contesti sociali non troppo elevati. Sbaglio?

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Al polo della iperarticolazione fanno capo i cosiddetti stili di citazione (molto praticati nelle ricerche di fonetica per ottenere forme cosiddette prototipiche) e il parlato cosiddetto clear (clear speech), ovvero quel tipo di eloquio solitamente adottato in situazioni comunicative ‘difficili’: in contesti di rumore ambientale; nella comunicazione diretta al bambino (il ➔ baby talk), a soggetti non normoudenti, a stranieri (il ➔ foreigner talk); nel parlato ad alta voce; nel parlato emesso durante una comunicazione simultanea e in quello prodotto a grandi distanze dall’ascoltatore (per l’italiano, cfr. Calamai 2008). Si tratta di un parlato di tipo enfatico, in genere più lento e di maggiore intensità, con più pause e con segmenti vocalici più lunghi. Per quanto riguarda in particolare i suoi effetti acustici, si registra un tendenziale aumento della prima formante per le ➔ vocali e le sonoranti (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di), una maggiore estensione dello spazio vocalico, così come un aumento e una maggiore modulazione della frequenza fondamentale. Al polo opposto si situa il parlato ipoarticolato, caratterizzato dalla massima imprecisione e trascuratezza articolatoria e dal mancato raggiungimento dei bersagli acustici: ad es., i foni sono altamente variabili e spesso ridotti; in particolare le vocali tendono a occupare spazi meno periferici e più centralizzati; talvolta sono omessi interi segmenti nella sequenza fonica. Ora per mostrarle il rapporto che c'è con la comunicazione individuale sottolineerei che: Il fono viene prodotto dall’apparato fonatorio, ma da solo non basta. Deve esserci qualcuno che ascolta. Nel momento in cui la comunicazione da potenza diventa atto è come se voi doveste mettere in atto un modo di procedure che vi consentono di passare dal so di poter dire al dire. Un conto è quello che penso di dire, un conto è quello che dico e quando passo dal penso di dire al dire devo trasmettere un numero incredibilmente alto di comandi al corpo perché il corpo assuma la forma necessaria per fondare. La natura specifica dell’espressione del nostro linguaggio E’ UNA NATURA FONETICA. Il nostro è più potente perché risiede nell’espressione del segno linguistico. Se dovessi fare un discorso puramente fonetico quello che ho appena detto sarebbe ampiamente sufficiente ma poiché noi nn viviamo isolati fin dalla nascita, le nostre abitudini articolatorie risentono di dove siamo cresciuti, dove siamo nati, dell’ambiente in cui viviamo. Questo contenuto non sarà la stessa cosa se prodotto da uno o se prodotto dall’altro, perché quando passo dalla lingua intesa come fatto mentale (Language) alla lingua come fatto articolatorio (speach) nello speach ci saranno delle varianti: il modo in cui metto la lingua, il fatto di non essere polivibrante, usare il palato in modo diverso. Quando comunichiamo solo una parte di quello che comunichiamo è frutto di intenzionalità. Mentre noi comunichiamo convinti di dire quello che pensavamo, trasferiamo una marea di informazione non intenzionale. (Io non vorrei far sapere che vengo dalla periferia se sono al centro. Mi vesto come loro. Ma è molto più facile cambiare abito che non cambiare articolazione)

06

Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Al polo della iperarticolazione fanno capo i cosiddetti stili di citazione (molto praticati nelle ricerche di fonetica per ottenere forme cosiddette prototipiche) e il parlato cosiddetto clear (clear speech), ovvero quel tipo di eloquio solitamente adottato in situazioni comunicative ‘difficili’: in contesti di rumore ambientale; nella comunicazione diretta al bambino (il ➔ baby talk), a soggetti non normoudenti, a stranieri (il ➔ foreigner talk); nel parlato ad alta voce; nel parlato emesso durante una comunicazione simultanea e in quello prodotto a grandi distanze dall’ascoltatore. Si tratta di un parlato di tipo enfatico, in genere più lento e di maggiore intensità, con più pause e con segmenti vocalici più lunghi. Per quanto riguarda in particolare i suoi effetti acustici, si registra un tendenziale aumento della prima formante per le ➔ vocali e le sonoranti (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di), una maggiore estensione dello spazio vocalico, così come un aumento e una maggiore modulazione della frequenza fondamentale. Al polo opposto si situa il parlato ipoarticolato, caratterizzato dalla massima imprecisione e trascuratezza articolatoria e dal mancato raggiungimento dei bersagli acustici: ad es., i foni sono altamente variabili e spesso ridotti; in particolare le vocali tendono a occupare spazi meno periferici e più centralizzati; talvolta sono omessi interi segmenti nella sequenza fonica. Ora per mostrarle il rapporto che c'è con la comunicazione individuale sottolineerei che: Il fono viene prodotto dall’apparato fonatorio, ma da solo non basta. Deve esserci qualcuno che ascolta. Nel momento in cui la comunicazione da potenza diventa atto è come se voi doveste mettere in atto un modo di procedure che vi consentono di passare dal so di poter dire al dire. Un conto è quello che penso di dire, un conto è quello che dico e quando passo dal penso di dire al dire devo trasmettere un numero incredibilmente alto di comandi al corpo perché il corpo assuma la forma necessaria per fondare. La natura specifica dell’espressione del nostro linguaggio E’ UNA NATURA FONETICA. Il nostro è più potente perché risiede nell’espressione del segno linguistico. Se dovessi fare un discorso puramente fonetico quello che ho appena detto sarebbe ampiamente sufficiente ma poiché noi nn viviamo isolati fin dalla nascita, le nostre abitudini articolatorie risentono di dove siamo cresciuti, dove siamo nati, dell’ambiente in cui viviamo. Questo contenuto non sarà la stessa cosa se prodotto da uno o se prodotto dall’altro, perché quando passo dalla lingua intesa come fatto mentale (Language) alla lingua come fatto articolatorio (speach) nello speach ci saranno delle varianti: il modo in cui metto la lingua, il fatto di non essere polivibrante, usare il palato in modo diverso. Quando comunichiamo solo una parte di quello che comunichiamo è frutto di intenzionalità. Mentre noi comunichiamo convinti di dire quello che pensavamo, trasferiamo una marea di informazione non intenzionale. (Io non vorrei far sapere che vengo dalla periferia se sono al centro. Mi vesto come loro. Ma è molto più facile cambiare abito che non cambiare articolazione)

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Un'opposizione fonologica è una differenziazione tra due o più foni che comporta un cambiamento di significato delle parole...?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Qualcosa si muove...


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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Aggiornate la pagina di didatticaweb per avere sempre gli ultimi aggiornamenti

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Nov 14

studente Matteo Piacentini dice:

Dunque anche Iper/Ipoarticolazione vanno ricollegate a quel discorso affrontato in precedenza sugli elementi paralinguistici e sul valore comunicativo della prosodia soprasegmentale!

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Nei derivati venticello e ventina decade l'opposizione se non sbaglio...

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Per chi è iscritto al gruppo FB: Tiziano Villanacci ha sintetizzato, anche con foto,
- coppia minima
- opposizione fonologica e sua condizione fonotattica (in che caso si verifica)
- esempio di neutralizzazione dell'opposizione con commento

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

1) vénti/vènti
Non sono due coppie minime ma una coppia minima, in cui le due parole si differenziano per un solo fonema
Perciò tra medio alta e medio bassa sussiste l'opposizione fonologica

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

IL FONEMA NON HA SIGNIFICATO. MA DISINTITIVO, IN GRADO DI APPORTARNE!!!

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

2) formiamo due derivati: venticello e venticinque e li trascriviamo.
Controlliamo cosa è rimasto dell'opposizione fonologica.
Nulla (cito Letizia). Non è proprio così, perché dal punto di vista della competenza sappiamo che al di sotto dei due termini derivati c'è in un caso la medio alta e nell'altro la medio bassa.
E allora perché nella trascrizione dei derivati abbiamo nesso in entrambi i casi la medio-alta?

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Può essere perché la sillaba non è più tonica?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

3) perché è venuta meno la tonicità, precondizione per la sussistenza dell'opposizione fonologica.
Conseguenza: in italiano (dell'uso, non marcato dialettalmente) se non c'è tonicità si usa solo la vocale medio-alta. Chiamiamo NEUTRALIZZAZIONE il venir meno dell'opposizione fonologica. La cui precondizione, lo ripeto, è legata nel caso delle vocali alla tonicità della sillaba in cui si trovano

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Questa parte non mi è molto chiara in effetti. Chiedo l'aiuto del pubblico.

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Gian marco: la vocale medio bassa la usi solo se su quella sillaba cade l'accento, come in vénti (aria). in venticello che è un suo derivato non è più accentata quella e, ma quella della sillaba CEL... pertanto la medio bassa "si trasforma" in medio alta... dovrebbe essere più o meno così...

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Marco: scusate, posso dire un'eresia? Ho scritto (sul mio quaderno)... quando si fa un derivato... l'accento si sposta e il suono diventa come quello dell'altra parola... opposta però...

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Aaah ok grazie Sara!

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Prendiamo spunto dai derivati che abbiamo usato per parlare di neutralizzazione di una opposizione fonologica e passiamo a vedere meglio la DOPPIA ARTICOLAZIONE DEL LINGUAGGIO. In che consiste?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

INCISO. I MONOSILLABI NON HANNO UNA TONICITà AUTONOMA, SI LEGANO ALLA PAROLA CHE LI PRECEDE (ENCLITICI) O A QUELLA CHE LI SEGUE (PROCLITICI). LA DOMANDA è NATA DALL'ANALISI DELLA TRASCRIZIONE DI HO INDIVIDUATO, PIU' PRECISAMENTE DAL FATTO CHE UN VOSTRO COLLEGA AVEVA MESSO L'ACCENTO SULLA TRASCRIZIONE DI HO

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Laprima artico1azionedellinguaggioèquellasecondocuiognifatto d'esperienza che si debba trasmettere, ogni bisogno che si desidera far conoscere ad altri, si analizza in una serie di unità dotate ciascuna di una forma vocale e di un senso. Se soffro di dolori alla testa posso manifestare questo fatto con delle grida; queste possono essere involontarie, e in tal caso riguardano la fisiologia; ma possono anche essere più o meno volute e destinate a far conoscere le mie sofferenze a chi mi è vicino. Ma ciò non basta ancora perché si abbia una comunicazione linguistica; ogni grido è inanalizzabile e corrisponde all'insieme, inanalizzato, della sensazione dolorosa. La situazione è invece completamente diversa se pronuncio la frase ho mal di testa; qui nessuna delle unità successive ho, mal di, testa, corrisponde a quello che il mio dolore ha di specifico, anzi ognuna di esse può trovarsi in contesti diversi per comunicare fatti d'esperienza diversi: mal, ad es., in chi mal fa, male aspetta, e testa in essere alla testa A un livello inferiore si pone la seconda articolazione, formata da unità foniche non ulteriormente scomponibili denominate fonemi, ciascuno dei quali, privo in sé di significato, possiede unicamente un valore distintivo. Questa prerogativa del linguaggio presenta un grande ‘vantaggio semiotico’ nella misura in cui permette di comporre una quantità molto elevata di enunciati a partire da un numero relativamente piccolo di unità minime. In tutte le lingue, infatti, sono sufficienti una trentina di fonemi (in italiano ad esempio ne bastano ventotto) perché "con il loro raggrupparsi e ordinarsi" in svariate combinazioni si riesca a individuare e differenziare un numero enorme di parole

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Ok prof come faccio però a stabilire se un monosillabe è proclitico o enclitico?

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Io pensavo fosse più una distinzione tra fonemi e morfemi invece

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Nov 14

studente Tiziano Villanacci dice:

Ecco un'altra frase da trascrivere: IL VENTI NOVEMBRE CI SARÀ L'ESONERO DI BUCARELLI. SPERIAMO CHE NON SIA UNA GIORNATA VENTOSA

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Nov 14

studente Tiziano Villanacci dice:

PERCHÉ I VENTI DISTURBANO LA CONCENTRAZIONE

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Saolini: fai un esempio. Prendi una parola, dividila in unità di prima articolazione e poi dividi ognuna di queste unità in unità di seconda articolazione


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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Saolini: ascoltati quando parli e vedrai che capirai se stai producando una proclitica o una enclitica

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Poi mettete la foto su fb della trascrizione?

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Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Sara Leone: no, se parli delle enclitiche, sì, se parli di doppia articolazione. Morfemi e fonemi sono le unità minime rispettivamente della prima e della seconda articolazione


06

Nov 14

studente Sara Leone dice:

Si si parlavo della doppia articolazione infatti :)

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Ad esempio CAMBIARE prima articolazione CAMBI- -ARE seconda articolazione C- A- M- B- I- A- R- E

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Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Continua Sara....

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Nella prima articolazione distingui i morfemi (cambi- -are), nella seconda devi distinguere fonema per fonema... questo ho capito io.

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Nov 14

studente Tiziano Villanacci dice:

Sara l'ho messa

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Nov 14

studente Sara Leone dice:

Grazie :)

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Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

IPOARTICOLAZIONE: Il prefisso IPO indica una insufficienza e nel caso dell'articolazione articolatoria dovrebbe riferirsi ad un parlato meno accurato e meno articolato (mi fa pensare al dialetto romano e a quella usuale forma di trascinamento dei suoni vocalici). Concordo con la definizione di G. M. Saolini che parla di eventi coarticolatori in cui si affastellano suoni precedenti e successivi, è ovviamente un parlato che si attua in contesti non formali in cui il parlante, più o meno consapevolmente (dipende dal suo bagaglio d'uso della lingua) riduce la produzione fonica, l'eloquio è veloce, meno faticoso, ma come diceva mia nonna "togliti quella patata bollente dalla bocca che non capisco nulla di ciò che dici!":

06

Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

Errata corrige: articolazione fonatoria

06

Nov 14

studente Gian Marco Saolini dice:

Allora prendiamo per esempio Pomodori. Scomporrò secondo la prima articolazione in pomo-dor-i (morfemi, che recano rispettivamente un significato lessicale e uno grammaticale e che possono comparire in altre composizioni per dar vita a parole nuove), nella seconda articolazione scomporrò la parola in p-o-m-o-d-o-r-i ovvero in unità minime scomponibili (fonemi, che ricordiamo non hanno significato ma sono distintivi, quindi in grado di apportarne). Può capitare che morfemi e fonemi a volte coincidano, come nel caso di -i, perché nel primo caso la -i è marca di genere e numero)

06

Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

GMarco ha ragione, ma ha preso un esempio che si presta a un'ulteriore considerazione. Ditemi voi perché ragionando sul fatto che esiste un plurale concorrente: pomidori...

06

Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Sara Leone: ok per la spiegazione della neutralizzazione. Andrà solo affinata nella forma

06

Nov 14

docente Francesca Dragotto dice:

Letizia Belfiore: speigazione efficace, soprattutto per l'aneddoto finale

06

Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

Pom-i-dor-i ha l'aria di essere una parola composta ...

06

Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

Riflettendoci meglio mi rendo conto che anche pom-o-dor-i è una parola composta inoltre credo esista un terzo plurale pom-i-dor-o, quindi la considerazione dovrebbe essere relativa alla particolarità che abbiamo più morfemi flessibili che denotano il numero forse proprio perchè ci troviamo di fronte ad una parola composta... ho azzardato molto?

07

Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

Mi correggo: morfemi flessivi

07

Nov 14

studente Letizia Belfiore dice:

Professoressa Dragotto: la domanda sulla doppia ariticolazione che volevo porre a lezione era la seguente: perchè sono i morfemi ad essere unità di I articolazione e non i fonemi visto che sono segmenti "più piccoli" dei morfemi? Ho il timore che mi sfugga qualcosa di fondamentale rispetto alla doppia articolazione ...